Ok, vi concedo che l’apprendimento con modalità “social” al momento esiste e funziona. E’ vero, ma per il momento lo vedo esistere e funzionare solo dove c’è una forte motivazione personale (o qualche forma di coercizione): accade soprattutto nell’ambito dell’aggiornamento dei professional, soprattutto di quelli che che già utilizzano il web per lavoro o per passione (personalmente lo faccio da quando ho internet e uso i forum). Ma se si parla di elearning 2.0, credo che si voglia parlare della possibilità di realizzare e orientare percorsi formativi strutturati verso un preciso obiettivo didattico utilizzando logiche di “social web”. Eh beh, da questo siamo innegabilmente ancora molto molto mooooooolto lontani.


E-learning: soprattutto in italia direi che culturalmente siamo a malapena alla prima release, figuriamoci alla 2.0.
Le ragioni sono varie (non ultimo il fatto che lo stesso web 2.0 non esiste…), ma principalmente sono convinto che prima di vedere attuata qualche reale dinamica 2.0 nell’elearning aziendale, cioè qualche forma di apprendimento “social” spontaneo, il primo rinnovamento da attuare credo debba essere di tipo culturale

1 – nell’approccio alle tecnologie e
2 – nell’approccio alla formazione.

La formazione in ambito scolastico e in ambito organizzativo ha ancora un paio di  caratteristiche fondamentali che la rendono per definizione NON 2.0: la coercizione all’apprendimento (devi imparare), e la verticalità dei contenuti (io ti insegno). Forse potremmo addirittura affermare che la formazione di per sè oggi non può essere 2.0 (l’apprendimento invece si, attenzione).
A corollario di questo, aggiungerei che sia le aziende che gli istituti scolastici, per ragioni differenti, hanno bisogno di misurare le prestazioni e valutare i risultati: in un’ottica 2.0 questo non è possibile oppure risulta spesso antieconomico. E’ evidente che se si vogliono utilizzare soluzioni partecipative o collaborative nei processi formativi, questo è un grosso scoglio da superare.

Se poi consideriamo che il materiale con cui deve lavorare chi si occupa di formazione è costituito da persone e organizzazioni, prima di parlare di elearning 2.0 e di ragionare su nuovi paradigmi metodologici credo che si debbano ancora risolvere alcuni aspetti molto più “raw”:

Informatizzazione degli utenti: abbiamo spesso a che fare con utenti che non capiscono o non sanno usare gli strumenti. Nell’elearning c’è sempre un intermediario tecnologico che nella formazione tradizionale d’aula non c’è. Se uno studente poi ha anche poca dimestichezza con gli strumenti, questo intermediario può diventare un muro insormontabile che compromette didattica e apprendimento, non importa quanto buoni siano i contenuti e quanto efficienti gli strumenti. E’ vero che è in atto un cambio generazionale, ma i nostri utenti in azienda o nei corsi finanziati ancora raramente sono dei “millennials”[http://en.wikipedia.org/wiki/Generation_Y]
Cultura dell’aggiornamento continuo e dell’autoapprendimento: viviamo in un paese di furbetti in cui ciò che è facoltativo tendenzialmente non si fa. Perchè l’elearning funzioni è necessario che l’autoformazione sia percepita come un valore e non come un peso, e che possa essere in qualche modo valorizzata formalmente.
Sistemi più efficaci per la valutazione e valorizzazione delle competenze: senza un riconoscimento concreto difficilmente i partecipanti ad attività elearning troveranno la motivazione necessaria. Ad oggi i sistemi di rilevazione e valutazione delle competenze sono ancora confusi in una giungla di cataloghi e procedure regionali che rendono poco qualificanti o poco credibili la maggior parte dei corsi realizzati su finanziamenti pubblici.

Possiamo fare questo, oppure più pigramente aspettare semplicemente il cambio generazionale che progressivamente sostituirà gli attuali lavoratori con altri più giovani e avvezzi agli approcci social… però sarebbe un po’ triste, no?

Solo su queste basi, che rappresenterebbero un buon punto di partenza, potremo poi studiare quando e come applicare pratiche partecipative alla formazione, in base a precisi obiettivi formativi o di business. Per il momento sappiamo solo che si potrebbe fare e come, ma non sappiamo dirigere progettualmente e strategicamente questi processi. Sappiamo mettere in moto la macchina, ma non conosciamo il percorso: forse è per questo che non siamo ancora partiti?