Già la definizione “Technology Enhanced Learning” utilizzata sull’ultimo numero di UPGRADE mi era piaciuta, forse come termine lo trovo addirittura più azzeccato dell’ormai abusato “elearning”. Mi ha incuriosito subito, quindi, anche il concetto di “Work Integrated Learning” analizzato in uno degli articoli, e l’approccio si è rivelato in effetti abbastanza interessante. Direi che vale la pena riassumere e commentare alcuni passi dell’articolo…

Gli autori evidenziano come nelle moderne pratiche di business e progetti di ricerca sull’e-learning, l’attenzione sia dedicata prevalentemente al miglioramento dei processi di trasferimento della conoscenza nell’apprendimento “formale” (corsi di formazione d’aula o in elearning).
E’ in questo senso che vanno la maggior parte degli investimenti aziendali in formazione, mentre altri studi rivelano che in realtà solo una minima parte della conoscenza applicata nelle pratiche lavorative deriva dal training formale. Mediamente, si calcola che solo il 30% delle conoscenze apprese in questo modo vengano effettivamente trasferite nelle pratiche lavorative in modo da migliorarne le performance. Questa percentuale sarebbe indipendente dal tipo e dalla qualità dei corsi erogati, e dipenderebbe invece dalla scarsa attenzione dedicata alle variabili ambientali sul posto di lavoro durante e dopo le attività di training formale. L’80-90% delle competenze professionali dei lavoratori deriverebbe invece da forme di apprendimento di tipo “informale” (esperienza diretta, letture personali, scambi con i colleghi, ecc…)

Insomma, mentre le iniziative mirate a incentivare il trasferimento di conoscenze continuano a rispondere alla domanda “quanto ha imparato lo studente durante il corso”, questi numeri fanno pensare che la domanda corretta dovrebbe essere “in che misura lo studente può applicare le nuove conoscenze alle sue pratiche lavorative?”.

Basato su queste considerazioni, il concetto di “Work Integrated Learning” proposto dagli autori dell’articolo consiste quindi sostanzialmente in uno spostamento dalla prospettiva tradizionale della “formazione” verso il punto di vista dell”apprendimento”. In questo senso diventa interessante esplorare i modi in cui l’apprendimento informale avviene oggi negli ambienti lavorativi, e come potrebbe essere agevolato e guidato in futuro: come rilevato dagli autori stessi, finora è stata fatta pochissima ricerca in questo senso.

Personalmente non condivido l’evoluzione che gli autori sembrano auspicare parlando di superamento pressochè totale dei corsi e dei materiali formativi realizzati ad hoc, ma credo che questo approccio potrebbe comunque portare al training supportato dalla tecnologia grandi benefici soprattutto in termini di efficacia.
Il succo del discorso, insomma, è: se riusciamo a creare un framework organizzativo che agevoli l’apprendimento informale, probabilmente potremo risolvere molti dei problemi di efficacia, efficienza, partecipazione e credibilità per i processi di formazione e knowledge management mediati dalla tecnologia.